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al testo di Giulia Bellucci
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Nel tempo che più non riposa la terra, di placido verde si tingono i campi e si sperde lo sguardo sulla coltre erbosa.
Fioriscono in cerca di luce su fragili steli i boccioli spezzati da ignari caprioli mai mossi da intento sì truce.
E tu eri il più umile fiore tu, gemma gentile, gioivi del bello a te intorno e sentivi del tempo migliore l’odore.
Brillò nero un lampo offuscando lo sguardo di chi truce il cuore già aveva, mentre tu amore nel tuo coltivavi, amando.
Brutale t’uccise la mano quel dì quand’ancora con fede guardavi alla vita. Mercede chiamò la tua voce ed invano
non fu giacché il tuo perdono concesse espiazione terrena lenendo il tormento e la pena di chi ricevette tal dono.
Rimase sul candido volto bambino una luce ancor viva che rende gentili e ravviva le spoglie. Ed eppure son molte
le vite tuttora violate da uomo bestiale ed ingordo, che resta impassibile e sordo a grida d’aiuto strozzate.
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